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La docente colpita da pistola ad aria compressa vuole querelare Luciana Littizzetto per diffamazione a mezzo stampa e social

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La storia della professoressa Maria Cristina Finatti continua a far parlare. Secondo quanto dichiarato dal Corriere, i legali della docente si dicono pronti a querelare l’attrice e comica Luciana Littizzetto per diffamazione a mezzo stampa e social.

I legali hanno dichiarato: “Parole allucinanti, offensive, che stiamo valutando perché potrebbero anche integrare l’ipotesi della diffamazione, riconoscendo una sorta di responsabilità in capo alla professoressa che non avrebbe saputo instaurare un rapporto empatico con i propri studenti e che per questo si è come meritata di essere colpita, ripresa, derisa e umiliata”. E l’avvocatessa Tosca Sambinello ha anche aggiunto: “scioccata per le frasi di Luciana Littizzetto“.

“Si è trattato di affermazioni infelici, biasimevoli. Lo considero quasi come un secondo atto di bullismo il dare dell’incapace a un’insegnante. Ma questo è un mio parere, non voglio accusare a nessuno”, ha dichiarato a ilGiornale.it l’avvocata. “Ognuno è libero di manifestare il proprio pensiero, ci mancherebbe, ma non ci sono parole adatte a esprimere il mio disappunto per una frase così grave. Si lascia intendere infatti che l’insegnante sia stata quasi corresponsabile, assieme ai ragazzi, perché non avrebbe saputo instaurare un rapporto empatico”, ha proseguito. “Ora aspettiamo che ci scenda un po’ la rabbia, poi ci ragioneremo a mente fredda”.

Le dichiarazioni della Littizzetto

Luciana Littizzetto, alla trasmissione radiofonica La Bomba in onda su Radio Deejay del 21/01/2023 ha fatto una lunga riflessione sul caso della docente colpita con la pistola ad aria compressa in una scuola di Rovigo.

La comica ha affermato: “Certo, il gesto che è stato fatto è assurdo e violento, però questa gestione non so se è stata utile o non inutile. Non so, questa situazione mi ha fatto riflettere su quanto siano cambiati i tempi in parte da quando insegnavo io. Io ho insegnato per nove anni. Durante questi anni di insegnamento, in una scuola periferica di Torino, nessuno mi ha mai sparato. Però è vero che c’erano delle classi che erano particolarmente turbolenti, tiravano anche gessetti. Ma non ho mai pensato di convocare, denunciare, scrivere ai giornali. Era una faccenda mia personale e della scuola e mi dicevo ‘o imparo a gestire le classi difficili con le mie forze o è meglio che cambi mestiere’. Poi l’ho cambiato perché mi piacevano altre cose, ma devi imparare ad avere a che fare con questi energumeni”.

Aggiunge anche: “Quando entri in classe sei tu e loro. Se tu sei debole, loro ci marciano tantissimo, non serve a nulla mandarli dal preside, convocare i genitori, denunciare. I ragazzi fiutano la debolezza. In una scuola abbastanza difficile dove insegnavo io c’era un prof. che quando entravi in classe dopo di lui, la classe dovevi ristrutturarla, si tiravano perfino i banchi, si appendevano fuori dalle finestre. Ogni tanto qualche professore mi chiedeva aiuto per metterli in riga. Anche quello l’ho imparato con il tempo a farlo. Non è che tu arrivi e sai come fare. Non esiste una classe ingovernabile, esistono dei professori molto bravi con i quali i ragazzi stabiliscono una relazione e altri con cui non ci riescono. E non è solo colpa dei ragazzi, è anche proprio colpa del professore. È l’empatia, quel qualcosa che fa intuire ai ragazzi che proprio li ami, altrimenti non saresti lì perché ti piace stare con loro, sei interessato a ciò che pensano e sentono. Se riesci a creare questa sensazione, non ti sparano con la pistola ad aria compressa”.

E conclude: “I ragazzi hanno sparato solo a una professoressa, non a tutti. Questo ci deve far riflettere perché probabilmente non è riuscita ad entrare in sintonia con i ragazzi scatenando questa aggressività fuori luogo e da punire”.

Le parole di Valditara

La riflessione non è stata accolta benissimo sul web dove tantissime sono state le risposte da parte sia dei docenti, che dei lettori, ma anche dello stesso ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che ha affermato: “Quando uno studente spara ad un insegnante non ci sono se e non ci sono ma. Educhiamo al rispetto sempre e comunque”.

Inoltre, Valditara, a mesi dall’accaduto, dopo che la professoressa ha denunciato l’intera classeha invitato la preside a Roma per approfondire lo stato dei fatti dopo l’episodio. Questa ha consegnato tutta la documentazione relativa al caso e ha chiarito l’evoluzione della vicenda, in un clima molto costruttivo in cui il Ministro ha voluto rafforzare il dialogo fra Ministero e scuola per identificare insieme le criticità e studiare le possibili soluzioni, anche considerando il moltiplicarsi, in varie scuole italiane, degli episodi di violenza da parte di studenti nei confronti degli insegnanti.