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Ecco come dovrebbe essere un buon insegnante di scuola primaria

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Riceviamo e pubblichiamo un contributo da parte della nostra lettrice Stella Diluiso, che stila una lista di caratteristiche che dovrebbe possedere un docente di scuola primaria.

Di seguito il testo della lettrice:

“Ho trascorso gran parte della mia vita nel mondo della scuola: come studente, come genitore, come docente di scuola elementare e, anche come applicata di segreteria.

Nel corso del tempo e nei vari ruoli che ho ricoperto ho dovuto, mio malgrado, assistere a grossolani errori pedagogici e formativi; talvolta li ho subiti con pesanti ripercussioni sulla vita familiare e lavorativa.

Perciò voglio esprimere la mia opinione su come dovrebbe essere un insegnante di scuola primaria perché quando, a sei anni, mandiamo i nostri figli a scuola, sono certa che nessuno di noi si aspetta il massimo della genialità didattica, ma tutti speriamo che vengano accompagnati, nel loro percorso scolastico, da buoni educatori.

Un buon insegnante non è quello che sa tutto, perché l’onniscienza non è un dono che è dato avere agli umani, ma è piuttosto quello che sa riconoscere i suoi limiti e ricercare nel vasto mondo delle informazioni oggi disponibili quelle a lui necessarie per svolgere al meglio il suo lavoro di trasmissione delle conoscenze.

Un buon insegnante non mette lo stesso voto a tutti giustificandosi con l’interesse che gli alunni dimostrano. Ogni bambino è diverso dall’altro e la valutazione è uno specifico dovere del docente. Non sono affatto gratificanti i bei voti non conquistati ed è invece frustrante sapere che ogni sforzo scolastico compiuto ha lo stesso valore di un compito non svolto.

Un buon insegnante non lascia solo, fuori dalla scuola, al termine delle lezioni, l’alunno la cui madre è in ritardo dicendogli «Tu aspetta qui e non ti muovere che tanto prima o poi la tua mamma arriva…» perché sa che i bambini hanno la recondita paura di essere abbandonati. E dovrebbe sapere anche che così facendo infrange l’art. 591 del codice penale, lungo o breve che sia il tempo di abbandono del minore.

Un buon insegnante non insegna testi e canzoni ai suoi piccoli alunni solo perché sono alla moda, ma ne valuta attentamente i contenuti in relazione all’età, né scarica su altri le colpe di scelte sbagliate e assurde.

Un buon insegnante non trascura di informare il dirigente e la segreteria scolastica se gli risultano famiglie che disattendono l’obbligo scolastico sperando così di mantenere alto il numero degli iscritti senza rischiare nuovi inserimenti in corso d’anno, perché sa che la scuola è innanzitutto un diritto di ogni bambino.

Un buon insegnante non falsifica il registro di classe dichiarando la presenza di alunni che frequentano saltuariamente solo per non doverli bocciare se superano la soglia di assenze prevista dagli attuali ordinamenti per la validità dell’anno scolastico «…perché sennò bisogna fare un apposito verbale di interclasse ed è una scocciatura. E poi il preside non vuole che si boccino i bambini alle elementari…!»

Un buon insegnante non rifiuta di insegnare tecniche di lettura, scrittura e calcolo alla maggioranza dei suoi alunni perché ci sono due o tre alunni con disturbi dell’apprendimento che potrebbero risultare penalizzati, per esempio dall’uso della scrittura in corsivo, perché in tal modo penalizza tutti.

Un buon insegnante non si aspetta che tutti raggiungano gli stessi risultati scolastici perché sa che diversi sono i ritmi di acquisizione delle conoscenze. Perciò non rimanda lo svolgimento dei programmi di studio finché tutti non abbiamo imparato, ma programma i suoi interventi sulla media della classe riservandosi dei tempi appositi per l’aiuto degli alunni in difficoltà.

Un buon insegnante non usa il tempo delle lezioni per elaborare progetti e relazioni che gli sono stati richiesti dal dirigente scolastico, lasciando gli alunni a scorazzare in giardino per intere mattinate, mentre lui si dedica ad altro che non al lavoro didattico.

E per finire un buon insegnante non accetta incarichi che sottraggano troppo tempo allo svolgimento del suo compito di docente, anche se questo può voler dire rinunciare agli spiccioli erogati col fondo di istituto.

So di non essere stata esauriente, come, del resto, non era nelle mie intenzioni. Il mio scopo è, piuttosto, quello di offrire qualche spunto di riflessione da parte di una persona che nella scuola ci vive da lungo tempo”.