Home I lettori ci scrivono Sentenza CGE: ora tocca ai giudici nazionali nel fallimento della buona scuola

Sentenza CGE: ora tocca ai giudici nazionali nel fallimento della buona scuola

CONDIVIDI

La proposta politica della Buona Scuola, ha dedicato buona parte della sua attenzione al precariato, promettendo assunzioni, rivisitando lo status giuridico della professione docente, ignorando totalmente quella Ata, creando ex novo figure atipiche, indicando date ove espletare le procedure concorsuali, in cambio di una totale rivisitazione dell’intero sistema scolastico

Il tutto perché il Governo doveva ed ora dovrà adempiere obblighi comunitari derivanti dal rispetto della normativa comunitaria e dunque per porre fine all’abuso di contratti a tempo determinato nella scuola, siano essi riguardanti il profilo docente che Ata.

Per stessa ammissione del Governo nel programma la Buona Scuola, queste tipologie contrattuali, per come utilizzate, sono contrarie alla normativa comunitaria, eppure nelle difese come prodotte nei Tribunali si afferma il contrario. Infatti, al punto 98 della Sentenza del 26 novembre si legge che “Dal canto suo, il governo italiano fa valere che il sistema cosiddetto del doppio canale, consente di inserire il personale a tempo determinato della scuola statale in un percorso che conduce alla sua immissione in ruolo, poiché tale personale può non solo partecipare a concorsi pubblici, ma anche, per effetto dell’avanzamento nelle graduatorie risultante dalla successione delle supplenze, contabilizzare un numero di periodi di attività a tempo determinato sufficienti per essere immesso in ruolo. Orbene, tali graduatorie dovrebbero essere «ad esaurimento», nel senso che, quando un certo numero di docenti vi è iscritto, esse non possono più essere alimentate. Tali graduatorie costituirebbero quindi uno strumento tendente a contrastare il precariato del lavoro. Indipendentemente dalla specifica situazione di fatto, la normativa nazionale di cui trattasi dovrebbe quindi essere considerata conforme alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro”.

La Corte ha sentenziato, dopo aver esaminato la normativa italiana in questo modo: “Di conseguenza, si deve rispondere ai giudici del rinvio dichiarando che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo.

Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”. Ricordando che” spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura i presuppost i per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata). (…) Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 68 nonché giurisprudenza ivi citata)”. Il tentativo del Governo di cambiare, tra le altre cose solo con una proposta politica, le carte nel corso del gioco è fallito. E’ fallito perché ad oggi non esistono date certe e procedure certe tali da poter favorire l’immissione in ruolo dei precari che vivono e continuano a vivere la condizione di abuso contrattuale, è fallito perché non è prevista, neanche teoricamente, una misura risarcitoria per riparare provvisoriamente tale tipo di abuso, è fallito perché non esiste neanche una misura sanzionatoria in tal senso. A parer mio se la proposta politica della buona scuola troverà mai luogo, questa chiaramente non potrà avere effetto retroattivo per i ricorrenti che hanno le cause pendenti in giudizio,ai quali probabilmente spetterà la conversione del contratto ed il risarcimento danno. Discorso diverso per chi non è ricorrente e si tratta della quasi totalità del precariato.

Quali saranno le misure risarcitorie previste? Quali le sanzioni? Quali le procedure concorsuali da legittimare temporaneamente il precariato? Quelle indicate nella Buona Scuola rispondono alle richieste della Corte di Giustizia Europea? E cosa accadrà a chi supererà i canonici 36 mesi di contratto a tempo determinato? Lo Stato, in qualità di datore di lavoro, continuerà a perseverare in una condizione di illiceità od adotterà altre misure semplicemente vietando i contratti su posti vacanti o disponibili,per una durata oltre i 36 mesi dunque interrompendo il rapporto di lavoro? Ora, per i giudizi pendenti, e si parla di circa 30 mila ricorrenti, la palla passa certamente ai giudici nazionali che dovranno seguire le indicazioni come fornite dalla Corte di Giustizia Europea, con il dubbio delle valutazioni che potrà effettuare ora la Corte Costituzionale interessata dal procedimento considerato e non è detto che siano perfettamente concilianti con quelle della Corte di Giustizia Europea anche per ragioni di “cassa”, per il resto del precariato, che poi il vero corpus problematico, la questione sarà sia politica, che normativa che giuridica. Dunque la partita è ancora pienamente aperta.