Home I lettori ci scrivono L’ingiustizia della carta docente, simbolo del precariato che infetta la scuola

L’ingiustizia della carta docente, simbolo del precariato che infetta la scuola

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In merito alla conferma della carta docente ai precari con contratto fino al 31 agosto (la misura era prevista già lo scorso anno scolastico), va sottolineato che rimangono esclusi i precari con contratto fino al 30 giugno. Senza costoro, il sistema scolastico non starebbe in piedi (tali precari sono migliaia), pertanto non v’è alcuna ragione – se non di “cassa” – per cui essi non debbano ricevere i soldi per la formazione professionale.

Qual è il danno – per l’insegnante e i suoi allievi – della mancata carta docente?
Racconto il mio caso. Nel settembre 2023, per la prima volta in sei anni, ho firmato un contratto al 31 agosto ed ho ricevuto i 500 euro della carta, con i quali ho frequentato un lungo e costoso corso di didattica della scrittura creativa, pagato l’abbonamento a una rivista di editoria per l’infanzia, acquistato saggi di pedagogia e albi illustrati per progettare attività in classe con i bambini.

Quest’anno ho il contratto fino al 30 giugno. A causa del danno economico di un contratto più breve, ho dovuto rivedere le mie spese professionali: non ho rinnovato l’abbonamento, non ho seguito corsi a pagamento, non ho acquistato lo stesso numero di libri per lavoro.

Va sottolineato inoltre che la decisione dello Stato di attuare una discriminazione tra insegnanti precari è un’idiozia giuridica ed economica, perché ormai da tempo la giurisprudenza impone al ministero di assegnare la carta docente anche ai precari fino al 30 giugno.
Quindi i soldi risparmiati ora, prima o poi dovranno essere sborsati (almeno agli insegnanti che ricorrono).
Intanto i tribunali – che certo avrebbero ben altro a cui dedicarsi – devono continuare a lavorare per una questione che dal punto di vista giuridico dovrebbe essere già chiusa.
Ma lo Stato, nel frattempo, qualcosa risparmia: avendo presentato e vinto il ricorso per cinque annualità senza carta docente, io sto ancora attendendo l’accredito a 14 mesi dalla sentenza. Chissà quanti insegnanti sono nella mia stessa situazione.

In questo contesto (un sistema scolastico colmo di lavoratori precari, non solo docenti, con il contratto scuola scaduto da anni e con quello 2022-24, in discussione, che prevederebbe un aumento stipendiale del 6% a fronte di un’inflazione reale del 18%) un grande sindacato come la Cisl Scuola ha il coraggio di comunicare la propria soddisfazione per il taglio del cuneo fiscale (ritardato di 5 mesi!), definendolo «di sicura efficacia per tutelare i redditi di chi lavora».

Gli insegnanti dovrebbero mantenere la pazienza solo nel lavoro in classe con i bambini e i ragazzi. Per il resto, sarebbe ora di dire basta, perché gli effetti del “risparmio” statale nella scuola sono sempre più evidenti, come dimostrato anche dal rapporto Istat 2025 che segnala l’inferiorità della nostra istruzione rispetto alla media europea.

Daniele Ferro