
Per affrontare e risolvere i casi di studenti che fanno scena muta all’esame di Stato in segno di protesta il ministro Valditara ha già pensato alla soluzione.
Intervenendo a Rainews24 ha detto: “Tra le riforme che noi stiamo per varare oltre a quella sui programmi scolastici necessaria per potenziare l’italiano e la matematica, c’è anche una riforma della maturità. Comportamenti di questo tipo non saranno più possibili. Se un ragazzo non si presenta all’orale, oppure volontariamente decide di non rispondere alle domande dei suoi docenti non perché non è preparato, cosa che può capitare, ma perché vuole ‘non collaborare’ e quindi ‘boicottare’ l’esame, dovrà ripetere l’anno”.
Ma, nel concreto, come si potrà ottenere questo risultato?
Non sarà facile perché le regole per il calcolo del punteggio finale dell’esame di Stato del secondo ciclo sono contenute in una norma di legge, e precisamente nell’articolo 18 del decreto legislativo 62 del 2017.
I primi due commi dell’articolo definiscono in modo preciso le modalità di calcolo.
Per ciascuna prova scritta la Commissione ha a disposizione 20 punti ed anche per il colloquio sono previsti 20 punti, mentre 40 punti sono riservati al credito per gli anni precedenti.
La Commissione, poi, ha a disposizione anche un “bonus” di altri 5 punti riservato agli studenti che hanno raggiunto almeno 50 punti nelle prove d’esame ed hanno 30 punti almeno di credito.
Si supera l’esame, come è noto, con un risultato minimo di 60 punti.
Quindi con 30 punti delle 2 prove e un credito di altri 30 punti si raggiunge il minimo previsto.
Per “bocciare” uno studente, quindi, non basta che questo faccia “scena muta” all’esame ma è necessario, come dice il Ministro, che lo studente dimostri l’intenzione di “non collaborare” o di voler “boicottare” l’esame.
Ma come si farà ad accertare questo elemento che è più psicologico che oggettivo?
E’ semplice, si potrebbe argomentare; se lo studente dice apertamente che non intende rispondere come forma di protesta allora sarà bocciato, altrimenti di fronte ad una scena muta la Commissione dovrà limitarsi ad assegnare zero punti.
Cerchiamo però di essere pratici: quale studente, sapendo che la “protesta” equivale alla bocciatura, deciderà di seguire questa strada?
E allora quale effetto concreto avrebbe una norma di questo genere? Probabilmente solo quello di evitare forme di protesta plateale.
Ma i problemi applicativi non si fermano qui: prendiamo il caso dello studente che fa “scena muta” e che alla domanda esplicita della Commissione (“Ma tu stai protestando?”) risponde “No, semplicemente non so rispondere. Oggi ho un vuoto di memoria totale, non so neppure come mi chiamo”. Cosa si farà?
Ovviamente si metterà a verbale l’accaduto e si attribuiranno zero punti.
E se il giorno dopo lo studente informa i giornali che lui voleva proprio protestare, cosa potrà fare la Commissione?
Il verbale non potrà essere modificato e lo studente, se avrà messo insieme almeno 60 punti, sarà tranquillamente promosso e avrà ugualmente raggiunto lo scopo di avere “visibilità mediatica”.
Insomma, introdurre una norma che consenta di bocciare lo studente che “protesta” contro l’esame non sarà facile.
Sotto l’aspetto procedurale bisogna anche dire che per ottenere il risultato annunciato dal Ministro sarà necessario modificare il decreto legislativo 62/2017 e quindi bisognerà comunque coinvolgere la Conferenza Unificata e le Commissioni parlamentari competenti.
In altre parole si dovrà attivare una procedura di confronto politico con altri soggetti e la volontà del Ministro non sarà quindi sufficiente.




