Home Didattica Un tablet su ogni banco: quanto costa l’operazione?

Un tablet su ogni banco: quanto costa l’operazione?

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Siamo alle solite: anche il Ministro Giannini cede al miraggio delle “magnifiche sorti e progressive” delle tecnologie e annuncia che nell’arco di 5-6 anni su ogni banco ci sarà un tablet.
Per farne cosa non lo spiega ma questo è del tutto collaterale.
Intanto, però, proviamo a fare due conti: un tablet “decente” costa intorno ai 150 euro, gli studenti italiani dal primo anno della primaria all’ultimo della secondaria di secondo grado sono poco meno di 7milioni. La spesa complessiva si aggirerebbe dunque sul miliardo di euro.
Suddividiamo pure la spesa su 5 anni, ma l’impegno resta pur sempre importante: 200milioni all’anno, un importo pari a tre volte quello disponibile sui fondi della legge 440/97 (autonomia scolastica) fino a quando ci sono stati.
Il decreto “la scuola riparte” del settembre 2013 aveva messo a disposizione 400milioni di euro nell’arco di tre anni per almeno una dozzina di azioni diverse, ed era stato presentato come un intervento pressoché epocale.
I dubbi, insomma, ci sono e sono anche consistenti.
Senza contare che fra 5 anni, concluso il piano di diffusione dei tablet (ma forse anche molto prima) bisognerà incominciare a sostituire quelli acquistati all’inizio.
Ma evidentemente né il Ministro né lo staff che la consiglia sanno che le tecnologie invecchiano e anche molto in fretta. Per non parlare dei sistemi operativi che cambiano anche più rapidamente e che spesso rendono inutilizzabili software e periferiche.
Tralasciamo poi il “piccolo” problema che per reggere contemporaneamente qualche centinaio di tablet è necessaria una rete wireless piuttosto robusta e non ci pare che questa sia la condizione generale delle scuole italiane (ulteriore piccolo problema: chi pagherà le spese della connessione delle scuole, soprattutto di quelle collocate nei Comuni più piccoli?) 
Dal Ministro dell’istruzione non ci si aspettiamo la soluzione di ogni problema, ma un po’ di buon senso e di realismo sì. 
Anzi, quando si fanno dichiarazioni impegnative, basterebbe forse un po’ di prudenza.